1770. Lille Havn (‘piccolo porto’), una cittadina costiera in un minuscolo regno del Nord, da qualche parte fra Prussia e Danimarca. Lassù, in uno strano inverno, ogni cosa appare estranea e remota. Impercettibile e muto l’avanzare della morsa di ghiaccio che si accompagna alle nebbie della baia. All’improvviso, indistinto e irraggiungibile, il profilo inclinato di un veliero all’ancora in alto mare, immobile sul filo dell’orizzonte. La sua comparsa coincide con l’erompere inspiegabile e spaventoso di un’epidemia che farà piombare Malattia e Morte su Lille Havn. Il villaggio viene dunque isolato, segregato in quarantena forzata sotto vigilanza militare, e gli abitanti abbandonati al proprio destino. Crisi e allucinazione mistica: nel furore del delirio tutti i contagiati, prima di morire, hanno la stessa visione: sul «Vascello» Cristo è tornato per giudicare, punire, salvare… Chi è scampato al morbo, alla disperata ricerca di una spiegazione o colto da vera e propria follia, tenterà di raggiungere il veliero su piccole barchette fatiscenti che non torneranno mai indietro.
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La narrazione della vicenda resa da più voci dà vita a più prospettive come in un gioco di specchi che riflette il racconto di rovine e di trionfi, che moltiplica l’avventura di piccole e grandi figure umane. Un anonimo cronista del tempo ricostruisce, con rigore settecentesco, fatti – e/o apparizioni – attraverso le memorie dei testimoni e dei documenti scritti: il diario del maestro Thorvaldsen e, in ultimo, le lettere della favorita e concubina del re Harald III, la viscontessa portoghese Dona Beatriz de Bragança. Colta figlia del suo tempo, «spirito selvaggio e indomabile» dall’«implacabile avidità di Nuovo e di Vita», sfiderà per l’ennesima volta le convenzioni sociali fino a prendere il mare in compagnia dei suoi inseparabili valletti – due indiani uroni dalla Nouvelle France – per raggiungere la sua propria “visione” del «Vascello».
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